Le commodities spesso nominate quando si parla di investimenti altro non sono che le materie prime, o almeno una parte di queste, quelle su cui si può investire. Inizialmente, intorno al 1800, le negoziazioni avvenivano esclusivamente mediante contratti standardizzati che riguardavano soprattutto prodotti agricoli. Successivamente, il mercato si è evoluto ed è iniziata la negoziazione anche di altre materie prime, inclusi metalli preziosi e prodotti energetici, attraverso contratti chiamati futures o opzioni. Più di recente, inoltre, sono stati introdotti nuovi strumenti di investimento che replicano indici di commodity, i cosiddetti ETF.
Nella maggior parte dei casi, gli investitori scelgono di investire in commodities parte del loro capitale soprattutto al fine di diversificare il portafoglio di investimenti. Le commodities, infatti, essendo beni reali e non attività finanziarie come le azioni e le obbligazioni, tendono a reagire ai cambiamenti dell’economia in modo diverso rispetto a queste ultime. Non a caso, dunque, nel corso degli ultimi anni, quando il mercato azionario e obbligazionario ha attraversato una vera e propria crisi, i prezzi delle materie prime hanno subito un rialzo trainato soprattutto da un aumento della domanda proveniente dai paesi emergenti.
Inoltre, le materie prime, al contrario di azioni e obbligazioni, tendono a beneficiare dell’aumento dell’inflazione, in quanto il loro prezzo aumento con l’incremento dell’inflazione. Di conseguenza, investire nelle commodities può essere una valida strategia di investimento da adottare nei periodi in cui si prospetta un incremento del costo della vita.
Pertanto, componendo un portafoglio di investimenti che includa oltre alla classiche attività finanziarie anche investimenti in materie prime, se ne riduce drasticamente la volatilità e la propensione al rischio.
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