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Ad oggi l’80% circa dei nuovi mutui è a tasso variabile. Questo soprattutto perché i migliori mutui a tasso fisso viaggiano intorno al 5,5% a fronte del 3% circa del variabile, una bella differenza che incide sull’ammontare della rata mensile e quindi anche sulla capacità del soggetto di rimborsare la somma di denaro chiesta in prestito per acquistare un immobile.

Una cosa non da poco se si considera che ad oggi per poter ottenere un mutuo bisogna anzitutto disporre delle liquidità necessaria ad affrontare almeno il 40% del prezzo di acquisto della casa, bisogna avere un lavoro con un contratto di assunzione a tempo indeterminato in un’azienda di dimensioni medio grandi e un rapporto tra la rata che si dovrebbe pagare e lo stipendio netto non superiore al 30%.

Ne deriva quindi che nella maggior parte dei casi quella del tasso variabile è una scelta obbligata. Il problema, tuttavia, è che la scelta del tasso variabile andrebbe fatta solo se si è in grado di pagare un eventuale rincaro della rata mensile. Gli esperti consigliano di considerare un possibile aumento di 150-200 euro per scongiurare ogni rischio di insolvenza. Questo senza configurare scenari pessimistici come quello di un possibile ritorno ai tassi dell’autunno del 2008, tuttavia sul medio-lungo periodo un possibile rialzo di due-tre punti percentuali è senza dubbio da mettere in conto. Ad esempio, se tra due anni un mutuo partito al 3% salisse di due punti la rata passerebbe da 555 a 709 euro, se l’incremento fosse invece di tre punti la rata mensile salirebbe a 777 euro, ossia con un incremento di poco superiore ai 200 euro rispetto all’importo iniziale.

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