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Dal 2012 la tassazione sul risparmio degli italiani ha subito molte modifiche. Le aliquote fiscali sono in molti casi cambiate, mentre in altre circostanze la normativa è stata quasi completamente rivista. Lo strumento più semplice per la gestione del proprio risparmio, ovvero il conto corrente, viene tassato in misura fissa e non con un bollo proporzionale come avviene per i conti deposito. Questo è un punto fondamentale: l’imposta di bollo sui conti correnti non è la stessa per i conti deposito.

Secondo quanto emerge dal DPR 642/72, i conti correnti sono soggetti a un’imposta di bollo fissa di 34,2 euro all’anno per le persone fisiche con giacenza media di almeno 5.000 euro sul conto. I conti deposito bancari e postali sono soggetti, invece, a un bollo proporzionale dell’1,5% annuo senza alcun tetto (come avveniva invece nel 2012 quando c’era un limite di 1.200 euro).

I conti deposito sono ormai una vera e propria forma di investimento, che remunerano la liquidità con tassi spesso anche piuttosto elevati. Da qui arriva l’idea del legislatore di colpire con un’aliquota più elevata questa forma di risparmio rispetto a un tradizionale conto corrente, che invece rappresenta una semplice forma di gestione della liquidità con remunerazione spesso vicina allo zero.

Sui conti correnti non si paga l’imposta di bollo se la giacenza media annua è inferiore a 5.000 euro. I conti correnti di aziende e società sono soggetti a un’imposta di bollo di 100 euro all’anno (cresciuta da 73,8 euro). Il conto corrente è diverso dal conto deposito perché nel primo caso c’è soltanto una mera gestione della liquidità (addebito spese, accredito stipendio, bonifici, etc.), mentre nel secondo caso la liquidità viene acquistata dalla banca che alla scadenza dovrà restituire il denaro maggiorato con gli interessi.

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