Il raggruppamento di azioni è una delle operazioni più tipiche di una società quotata sui mercati e quindi, di riflesso, una di quelle operazioni che devono essere monitorare con attenzione dall’azionista coinvolto.
A decidere di raggruppare le azioni è l’assemblea degli azionisti convocata in sessione straordinaria. Trattandosi di un atto che va a modificare quello che è il capitale sociale, il raggruppamento di azioni ha un iter che ricorda molto da vicino quello relativo all’aumento di capitale.
Concretamente il raggruppamento di azioni può essere definito come un’operazione attraverso la quale viene ridotto il numero di azioni in circolazione mediante l’emissione di nuove azioni aventi un valore nominale superiore da assegnare agli azionisti sulla base di un rapporto predefinito. Ad esempio, se una società intende dimezzare il numero delle azioni in circolazione, emetterà nuove azioni del valore nominale pari al doppio di quello delle azioni già in circolazione, che verranno quindi assegnate a ciascun azionista nel rapporto di una nuova azione per ogni due azioni già possedute.
Si tratta quindi di un’operazione di razionalizzazione della struttura societaria, tuttavia comportando una modifica dell’atto costitutivo essa deve essere necessariamente approvata dall’assemblea straordinaria.
Chiaramente i termini del raggruppamento non sono campati in aria ma devono sottostare a precisi calcoli.
A seguito di un’operazione di raggruppamento di azioni da parte di una società quotata, Borsa Italiana provvede a calcolare il coefficiente di rettifica (K) secondo la seguente formula:
dove V è il numero delle vecchie azioni e N il numero delle nuove azioni.
Inoltre, i contratti derivati su azioni soggette a raggruppamento di capitale modificano sia i prezzi di esercizio (prezzi di chiusura giornalieri) che il lotto, secondo le seguenti formule:
(rettifica dei prezzi di esercizio)
dove E (ex) è il prezzo di esercizio (prezzo di chiusura giornaliero) prima della rettifica e E (cum) il prezzo di esercizio (prezzo di chiusura giornaliero) dopo la rettifica.
(rettifica del lotto/numero di azioni sottostanti)
dove A (ex) è il numero di azioni sottostanti dopo la rettifica.
Critiche al meccanismo di raggruppamento di azioni
Il concetto stesso di raggruppamento di azioni è stato spesso oggetto di pesanti critiche che solo ultimamente si sono ridimensionate con l’accettazione di quello che è lo stato dei fatti. Secondo alcuni critici, infatti, il raggruppamento azionario si paleserebbe come illegittimo nell’eventualità in cui ai soci non sia concessa la conversione totale dei titoli in loro possesso, determinando così la formazione di resti, oppure allorquando al socio non è concesso di ottenere dal cambio il possesso di almeno una azione che lo qualifichi come tale. Si tratta chiaramente di due situazioni limiti che per lungo tempo hanno animato il dibattito tra gli addetti ai lavori. Le critiche oggi sono state superate perché la consuetudine ha introdotto un principio molto importante secondo il quale il raggruppamento di azioni non è mai inquadrabile come una operazione fine a se stessa ma è visto come propedeutico ad altre operazioni societarie come ad esempio la riduzione del capitale sociale per perdite oppure l’avvio di un procedimento di fusione con un’altra società. Da questo discorso ne consegue che il raggruppamento azionario è invece illegittimo nel momento in cui non ci sia un motivo “superiore” per condurre tale operazione. In questi casi si ritiene che la decisione di raggruppare le azioni sia stata presa unicamente per danneggiare alcuni azionisti rispetto ad altri.
Investire in azioni: il peso del raggruppamento azionario
Proprio perché propedeutico ad altro genere di operazioni, il raggruppamento di azioni è sempre tenuto molto in considerazione da chi investe in borsa. Del resto, nel momento in cui parte l’operazione, non sono rari forti movimenti sul titolo interessato all’operazione come ha mostrato la storia anche recente di Piazza Affari. I raggruppamenti di azioni che sono stati eseguiti negli ultimi mesi, infatti, hanno determinato inevitabili rettifiche sul prezzo del titolo. Un caso che ha fatto scuola, in tal senso, è stato quello di Monte dei Paschi. Un anno fa, infatti, il titolo della banca senese è andato a picco per effetto proprio di questa operazione. Era il 18 maggio 2015 e MPS chiuse la seduta con un rosso molto intenso.
Il caso di Monte dei Paschi è probabilmente una delle migliori dimostrazioni dei rischi che possono essere connessi con l’investimento in azioni e il possesso fisico delle stesse. Questi pericoli, però, possono essere scampati se si sceglie di investire in azioni da casa non ricorrendo ai tradizionali canali ma facendo ricorso al trading online e utilizzando le tante piattaforme esistenti per questo genere di operazioni.
Fare trading con le azioni, infatti, non essendo una modalità di investimento legata al possesso del titolo, mette al riparo l’investitore da tutti quei rischi che invece corre il classico azionista.
A conti fatti, al trader che investe in azioni sulle piattaforme importa ben poco del raggruppamento azionario poiché il suo obiettivo è quello di speculare nel breve termine. Sotto questo punto di vista, il trading online sulle azioni sottostà a dinamiche completamente diverse rispetto all’investimento tradizionale sull’azionariato.
Per fare trading online evitando i rischi proprio dell’azionista si può ricorrere alle specifiche piattaforme che consentono di investire utilizzando i CFD e le opzioni binarie sulla valute, sugli indici di borsa, sulle materie prime, sul forex e, da poco tempo, anche sui bond. Si tratta di un modo di investire che è molto più alla portata di tutti e al riparo dalle turbolenze a cui la finanza è per sua natura sottoposta.
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