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A volte non serve un anniversario per riscoprire chi siamo stati. È quanto accaduto durante la grande reunion degli ex colleghi di una delle più importanti divisioni di investment banking di Londra, dove quasi cinquecento professionisti si sono ritrovati dopo anni per una serata che ha mescolato nostalgia, ironia e consapevolezza.

L’evento, organizzato non da un ente ufficiale ma da un ex collega deciso a rimettere tutti in contatto, ha avuto un tono sorprendentemente sincero. L’atmosfera, rumorosa e vivace, ricordava più una festa di vecchi compagni di scuola che un raduno del mondo della finanza. La maggior parte dei partecipanti si è riconosciuta subito: vent’anni dopo, i volti erano quasi gli stessi, solo con qualche ruga di esperienza in più e una cura personale che ha permesso a molti di apparire persino meglio di un tempo.

parità di genere

Dalla frenesia del mercato alla riflessione personale

Negli anni del boom economico, questi banchieri erano immersi in una cultura fatta di ambizione eccessiva, notti brevi e riunioni infinite. Ma oggi, il tono è cambiato. Le conversazioni non ruotano più attorno a bonus milionari o fusioni aziendali, bensì a come ciascuno stia utilizzando la propria libertà. Molti parlano di mentoring, filantropia, attività creative o maratone estreme. Altri raccontano esperienze di insegnamento o di ritorno alla terra, come la gestione di un vigneto.

L’autore del racconto, ex dirigente globale dei mercati azionari di Bank of America e oggi managing director presso Seda Experts, descrive il ritrovo come uno specchio nel tempo: non un confronto di carriere, ma un modo per riconnettersi con la parte di sé che ha costruito tutto. Le differenze professionali sembrano svanire in nome di una consapevolezza comune: il successo non è più un bilancio economico, ma un bilancio personale.

Le cicatrici del 2008 e le nuove prospettive

Molti partecipanti non hanno lasciato la finanza per scelta. La crisi del 2008 ha segnato un punto di rottura, interrompendo carriere brillanti e costringendo intere generazioni di banker a reinventarsi. Alcuni hanno trovato nuove opportunità in consulenza o nel settore pubblico; altri hanno semplicemente accettato di aver avuto fortuna ad arrivare fin lì.

Il tono dominante non è quello della nostalgia, ma della lucida maturità. Le conversazioni guardano al presente e al futuro, in un clima di rispetto reciproco che sostituisce la vecchia competizione. «Non cercavamo di impressionarci a vicenda», racconta l’autore, «ma di riconoscere chi eravamo e cosa è rimasto di quella persona».

Il momento simbolico

Durante la serata si è tenuta anche un’asta di beneficenza, con premi curiosi come un workshop di scrittura individuale condotto dallo stesso autore. Il vincitore? Il suo ex capo, che non aveva più contattato da tempo. Il gesto, ironico e affettuoso, è diventato il simbolo della serata: un modo per ricucire legami e riconoscere, con leggerezza, quanto le relazioni personali contino più dei titoli o delle posizioni.

Il valore della memoria condivisa

La reunion si è chiusa con lo scambio di numeri e promesse di restare in contatto, forse destinate a dissolversi nella frenesia delle nuove vite. Ma per una notte, in quella sala gremita di ex banchieri e nuovi sé, il passato e il presente si sono fusi. Non come esercizio di nostalgia, ma come conferma che, dietro le carriere, gli obiettivi e i fallimenti, l’essenza delle persone resta sorprendentemente intatta.

In fondo, conclude l’autore, «non eravamo lì per raccontare storie di successo, ma per ricordare che, nonostante tutto, non siamo mai davvero cambiati».

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