Partiamo da questo presupposto: portare denaro all’estero è assolutamente legale e legittimo per il contribuente italiano. Aprire un conto all’estero non rende quindi i contribuenti evasori. L’apertura di un conto corrente presso un intermediario finanziario estero richiede però una certa trafila burocratica, che varia da paese a paese in quanto ogni nazione presenta alcune peculiarità su normative e adempimenti. Dire dove è meglio versare il proprio denaro è ancora un altro discorso, diventato molto complesso da quando sono aumentati sia i rischi legati alla stabilità finanziaria degli Stati sovrani sia il rischio di controparte (crack della banca).
Per quanto riguarda le comunicazioni relative ai conti correnti esteri, si tratta di informazioni automatiche per tutti i paesi membri dell’Unione europea tranne che per Belgio, Austria e Lussemburgo. La Svizzera non è assoggettata a tale obbligo, in quanto non fa parte della Comunità Europea. La Confederazione elvetica merita un approfondimento. Aprire un conto in Svizzera denominato in franchi consente di beneficiare del segreto bancario.
Considerato il segreto bancario su un conto svizzero, il trasferimento di denaro tramite banca italiana non comporta alcun tipo di problema, mentre il denaro trasferito da un intermediario non residente – senza compilare il Quadro RW nella dichiarazione dei redditi – fa sì che il conto estero sia sconosciuto al Fisco italiano. In questo caso è considerato un fondo nero e quindi illegale.
Ci sono poi una serie di paesi extra UE che rientrano nella lista nera e grigia dell’Ocse, in quanto non vengono fornite informazioni trasparenti sulle movimentazioni di denaro e sulla natura dei rapporti con il correntista. In questi casi ci sono due possibilità: applicazione in forma anonima di un’aliquota del 35% sugli interessi; regime fiscale di doppia imposizione (ritenuta fiscale nel paese estero più l’aliquota del 20% applicata in Italia), senza possibilità di beneficiare del credito di imposta.