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Bpm e Banco Popolare, una fusione già decisa da tempo ma di non facile realizzazione

In attesa dell’assemblea straordinaria che a ottobre si riunirà per confermare la fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, la partita per i due istituti di credito rimane ancora aperta. Esistono ancora molte variabili da stabilire, e non mancano certo anche tra i protagonisti le preoccupazioni, ma di fatto finora non si sono neanche levate grandi voce a sfavore. Più incerto invece l’esito del voto nell’assemblea di sabato 15 ottobre a Milano, dove le opposizioni sono ben note.

Precedente articolo: Fusione Banco Popolare / Popolare di Milano (BPM): tutto quello che dovete sapere

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Il Patto per la Bpm e l’Associazione Lisippo hanno infatti scritto al Consiglio di Sorveglianza e al Consiglio di Gestione per richiedere di utilizzare in sala il voto elettronico, meno palese e più democratico, e soprattutto per stabilire un doppio ordine del giorno, che preveda l’approvazione della fusione e la conseguente obbligatoria trasformazione in Spa, o nel peggiore dei casi un rifiuto della fusione e un comunque necessario via libera alla Spa.

Tuttavia il doppio ordine del giorno è stato bocciato e anche sul voto elettronico ci sono buone probabilità che il Cds si esprima a sfavore di una innovazione che non ha precedenti nell’istituto. In ogni caso nonostante sia stata proposta ai soci un’opzione di fusione collegata a un obbligo di legge, la bocciatura permetterebbe comunque di convocare una nuova assemblea straordinaria prima di Natale, per votare a questo punto per la sola Spa. Una previsione questa che facilmente si realizzerà, come tra l’altro confermato dall’amministratore delegato della stessa Bpm , Giuseppe Castagna, che ha dichiarato “Certamente riconvocheremmo l’assemblea”.

Anche perché sulla questione si sono espressi anche i sindacati, da sempre molto vivaci e presenti nelle due banche, che anche in questo caso svolgono un ruolo determinante attraverso le battaglie degli ex dipendenti: le stime non sono semplici, ma le due associazioni che si oppongono alla fusione hanno nuovamente scritto a Cds e Cdg per segnalare che la loro posizione, inizialmente sottoscritta da 75 soci, ha ottenuto l’adesione formale di altri 700. Va ricordato inoltre che in funzione di un riequilibrio del sovrappeso dei dipendenti interni, nelle banche popolari le deleghe sono state aumentate fino a un massimo di dieci, quindi in teoria un ex dipendente potrebbe esprimere fino a un massimo di 11 voti. Il dipendente attivo ha invece a disposizione un unico voto e l’unica delega possibile è quella per i figli minori.

Per i dipendenti quindi, sia che essi votino a favore o contro, si è drasticamente ridotta la possibilità di incidere sulle scelte della banca cooperativa: questo ridimensionamento dei dipendenti interni è stato l’obiettivo a lungo perseguito dal Comitato soci non-dipendenti guidati da Piero Lonardi, il Consigliere di sorveglianza e candidato a entrare nel cda della nuova realtà aggregata. Per poter essere approvata comunque la fusione ha bisogno del via libera dei due terzi dei votanti, ma ovviamente non è detto che i soci esterni, schierati da una parte e dall’altra, riescano a portare le dieci deleghe. In questo caso i contrari sulla carta potrebbero già raggiungere quota 7.000, costringendo i favorevoli a portarsi in quota di sicurezza oltre i 14.000. Più verosimile che i soci con possibilità di delega riescano a rappresentare mediamente cinque deleghe, nel cui caso la partecipazione, diretta e con deleghe, rientrerebbe nella tradizionale ampia partecipazione alle assemblee delle banche popolari.

Non è ancora detto che ai lavoratori si rivolgano anche le organizzazioni sindacali, le potenti Fabi (circa 2.200 iscritti) e Uilca (circa 1.800) e le più defilate Fisac (1000) e First Cisl (800). Molto dipenderà dall’accordo sindacale per il welfare di cui accenna l’Ad Castagna nel messaggio ai dipendenti sulla intranet di gruppo. Difficilmente comunque prima dell’accordo le sigle sindacali terranno assemblee che sarebbero in ogni caso legate ai chiarimenti di contenuto. Per Fulvio Furlan, segretario nazionale della Uilca, “la parte datoriale ha espresso l’intendimento di voler gestire gli esuberi dichiarati solo in forma volontaria, di limitare impatti di mobilità territoriale, di prospettare processi di internazionalizzazione di attività escludendo esternalizzazioni e di confermare e garantire gli impianti di welfare a favore del personale. Verificheremo”.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere: questi timori e incertezze hanno portato il Banco Popolare a perdere oltre il 72% da marzo, e il 45% per Bpm. Il fondatore di Algebris e azionista Bpm Davide Serra ha parlato della possibilità di una bocciatura come di un “disastro per l’Italia intera e un suicidio per Bpm, che dovrebbe diventare comunque una Spa, e qualcuno potrebbe fare un’offerta ostile”. Comunque il Governo e le autorità di Vigilanza si sono poste come garanti e stanno già seguendo da mesi le due parti per arrivare a una buona riuscita dell’operazione.

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