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Il 2025 ha rappresentato un punto di svolta per il mondo dei pagamenti digitali, con le stablecoin protagoniste di una crescita senza precedenti. Nei primi nove mesi dell’anno, questi asset hanno movimentato 9 trilioni di dollari, registrando un aumento dell’87% rispetto al 2024. Solo nel mese di settembre si sono toccati 1,25 trilioni, un volume impensabile fino a due anni fa. Numeri imponenti, ma che sono ancora una piccola frazione dell’intero sistema: il mercato dei pagamenti globali muove infatti oltre 2 quadrilioni di dollari all’anno, e le stablecoin rappresentano oggi appena il 2,3% dei flussi totali.

La loro ascesa però non si misura nella percentuale complessiva, bensì nei contesti in cui stanno vincendo. Le stablecoin stanno rivoluzionando le rimesse internazionali, i pagamenti aziendali transfrontalieri, la gestione delle fatture e la retribuzione dei lavoratori remoti. Operazioni che prima richiedevano giorni, ora si chiudono in secondi, con costi pari a una frazione delle commissioni tradizionali.

Il successo deriva dal funzionamento stesso delle stablecoin: strumenti 24/7, con regolamento immediato e commissioni minime. A questo si aggiunge un’infrastruttura istituzionale sempre più solida, costruita su tre livelli fondamentali: interfaccia, connettività, settlement, il tutto sostenuto dalle riserve degli emittenti, costituite principalmente da titoli del Tesoro USA e liquidità bancaria.

L’impatto pratico è evidente. Una infermiera filippina può inviare denaro alla propria famiglia spendendo 0,20 dollari invece di perdere 13 dollari in commissioni. Un lavoratore messicano effettua un trasferimento internazionale in pochi minuti invece che in giorni. Nei due Paesi, che insieme totalizzano 105 miliardi di dollari di rimesse annuali, gli utenti stanno aggirando le banche tradizionali. Il solo exchange Bitso ha elaborato 6,5 miliardi di dollari nell’ultimo anno, intercettando il 10% del flusso USA–Messico.

Il vero cambiamento del 2025, però, non è tecnologico: è regolatorio. Negli Stati Uniti è stato approvato il GENIUS Act, primo quadro federale che definisce le regole per gli emittenti di stablecoin. Una svolta che ha liberato investimenti e innovazione. A poche settimane dall’approvazione, Visa ha introdotto il sistema di prefunding in stablecoin direttamente nelle proprie reti, mentre Mastercard ha attivato il supporto alle stablecoin nella sua infrastruttura Move. Non si tratta di sperimentazioni, ma di sistemi operativi reali. La Federal Reserve, sulla base di questi progressi, stima che il mercato delle stablecoin possa raggiungere i 3 trilioni di dollari entro fine decennio. Oggi l’88% di banche e società di pagamento vede la regolamentazione come un acceleratore, non come un freno, un balzo enorme rispetto al 25% di due anni fa.

Il processo è globale. L’Unione Europea ha portato a pieno regime il MiCA, offrendo finalmente una cornice unica e stabile a livello comunitario. Entro settembre nove banche europee avevano già annunciato l’emissione di una stablecoin in euro. Anche il Canada ha incorporato nel budget federale un quadro normativo per le stablecoin fiat-backed. La chiarezza normativa ha fatto decollare infrastrutture rimaste in standby per anni.

La prima parte della nuova architettura è l’interfaccia: ciò che gli utenti vedono e utilizzano. Checkout, dashboard, wallet. Lì confluisce un’intera rete di processori di pagamento come Stripe, che da ottobre 2024 consente ai merchant statunitensi di accettare USDC su Ethereum, Solana e Polygon. Nel giro di 24 ore dall’attivazione, utenti di oltre 70 Paesi avevano già eseguito transazioni, segno di una domanda globale già presente e latente. Oggi Stripe supporta anche abbonamenti e pagamenti ricorrenti via stablecoin su Base e Polygon, scelta naturale considerando che il 60% dei ricavi delle principali aziende AI su Stripe arriva dall’estero.

L’efficienza economica è il fattore trainante. Molti merchant hanno registrato costi di transazione inferiori del 50% rispetto ai circuiti classici, e alcuni elaborano in stablecoin fino al 20% dei loro pagamenti. Anche PayPal ha ampliato il raggio d’azione di PYUSD, passando da 4 a 13 blockchain nel 2025, mentre Western Union sta sperimentando sistemi basati su stablecoin per eliminare le banche corrispondenti e ridurre tempi e costi nelle aree più colpite da frizioni operative.

Il secondo livello è la connettività, ovvero la struttura invisibile che collega banche, blockchain, controlli di conformità e sistemi di exchange. In passato i pagamenti internazionali seguivano un percorso contorto attraverso banche intermediariamente collegate tra loro; oggi quella complessità esiste ancora, ma è inglobata nella logica software del middleware. Piattaforme come Finastra, Fireblocks, FIS e Plaid fungono da ponte tra il mondo finanziario tradizionale e i nuovi rail blockchain, orchestrando routing, controlli KYC e conversioni valutarie in pochi millisecondi.

Il terzo livello è il settlement, dove avviene la riconciliazione finale. Il confronto con i sistemi tradizionali è netto. Negli Stati Uniti, l’ACH richiede 1–3 giorni lavorativi per completare un pagamento; una stablecoin, invece, si regola in meno di un secondo. I costi scendono da circa 0,29 dollari a una frazione di centesimo. I circuiti bancari lavorano in orari limitati; le stablecoin operano 24/7/365.

Il mercato ha riconosciuto il valore di questa efficienza. A ottobre 2025, la capitalizzazione delle stablecoin ha raggiunto 312 miliardi di dollari. USDC è cresciuta del 72% arrivando a 74 miliardi, superando la velocità di espansione di USDT, che si è fermata al 32%. L’interesse istituzionale è stato alimentato da iniziative come il Circle Payments Network, sviluppato insieme a Standard Chartered, Deutsche Bank e Société Générale, e dal lancio di Arc, una blockchain layer-1 per la finanza regolamentata, sostenuta da colossi come BlackRock, Visa, Goldman Sachs e AWS.

Anche il mondo bancario tradizionale sta costruendo le proprie soluzioni. La piattaforma Kinexys di JPMorgan gestisce già oltre 1,5 trilioni di dollari in regolamenti per le tesorerie aziendali, mentre il token JPM Coin permette il trasferimento istantaneo di liquidità tra filiali multinazionali. Nel giugno 2025 è arrivato JPMD, un deposit token basato su Base, prima incursione del gigante bancario in un’infrastruttura blockchain pubblica.

Alla base di tutto c’è la fondazione di tesoreria, ovvero i titoli del Tesoro statunitensi che ancorano la stabilità delle stablecoin. Solo Tether detiene oltre 135 miliardi di dollari in Treasury, un valore superiore alle riserve nazionali di Paesi come Corea del Sud o Germania. BlackRock amministra le riserve di Circle con un portafoglio composto al 90% da Treasury a breve scadenza, custoditi da BNY Mellon nelle stesse infrastrutture usate per i fondi sovrani. È questa solidità a dare fiducia ai grandi operatori di pagamento: la liquidità è reale, immediata, verificabile.

Il paradosso è evidente. Le stablecoin, nate per bypassare il sistema finanziario tradizionale, oggi ne sono diventate una parte strutturale. Non hanno distrutto Wall Street: ne stanno riscrivendo il funzionamento dall’interno, trasformandola in un sistema programmabile, istantaneo e globale.

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