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Nello scegliere gli strumenti di investimento attraverso cui far fruttare il proprio capitale occorre tener conto non solo della loro remunerazione ma anche della leva fiscale, che in alcuni casi incide pesantemente andando ad erodere buona parte del guadagno.

L’imposta di bollo, ad esempio, è una tassa sui prodotti finanziari (conti correnti, conti deposito, deposito titoli, libretti di risparmio, libretti postali, buoni fruttiferi postali, ecc.) pari allo 0,15% delle somme risultanti della comunicazioni al termine del periodo di imposta o di detenzione, fermo restando una soglia minima di 34,2 euro e un tetto massimo, solo per i soggetti diversi dalle persone fisiche, di 4.500 euro.

Dal 1° marzo 2013, inoltre, entrerà in vigore la cosiddetta Tobin Tax, ovvero la nuova imposta sulle transazioni finanziarie, a carico dell’acquirente, pari allo 0,12% del valore delle azioni italiane negoziate sui mercati regolamentati o sui sistemi multilaterali di scambio con valore non inferiore a 500 milioni di euro, oppure dello 0,22% sulle altre azioni. A partire dal 2014 le aliquote saranno rispettivamente dello 0,1% e dello 0,2%. Per quanto riguarda i derivati, l’imposta si applicherà a partire dal 1° luglio in una misura fissa compresa tra un minimo di 0,1875 e un massimo di 200 euro.

A tutto questo bisogna poi aggiungere il prelievo fiscale a cui sono assoggettati i rendimenti maturati attraverso i diversi strumenti finanziari. La riforma della tassazione dei proventi finanziari, entrata in vigore nel 2012, ha innalzato l’aliquota al 20% per la maggior parte degli strumenti finanziari, compresi i dividendi azionari (si veda “Regime fiscale dei dividendi azionari“). Restano tassati con un’aliquota del 12,5% solo i titoli di Stato e i Buoni fruttiferi postali.

Per contro, sui proventi delle polizze vita, dei fondi comuni e degli Etf armonizzati Ue l’aliquota è stata portata dal 20% al 12,5% per la parte del patrimonio investita in titoli pubblici italiani ed esteri.

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