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Lo scenario di un fallimento della banca nella quale sono stati depositati i risparmi di una vita è senza dubbio inquietante per il piccolo risparmiatore, che dopo il crack di Lehman Brothers ha assisitito a una serie di insolvenze, nazionalizzazioni e ristrutturazioni di banche in diversi paesi sviluppati. In Italia il sistema finanziario è ritenuto molto solido, ma non immune dagli shock dei mercati. In caso di clamoroso fallimento della propria banca, quali sono le garanzie per il piccolo risparmiatore? Innanzitutto bisogna distinguere la garanzia sui conti correnti da quella sul deposito titoli.

Per quanto riguarda i conti correnti, con decorrenza 7 maggio 2011 il limite di copertura per depositante è stato abbassato a 100mila euro da 103.291,38 euro, per effetto del Decreto Legislativo 24 marzo 2011, n. 49 di recepimento della Direttiva 2009/14/CE nell’ordinamento italiano. La garanzia arriva dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, che copre i rischi per conti correnti, conti deposito (sia liberi che vincolati), assegni circolari, certificati di deposito nominativi (quelli al portare invece no).

Tuttavia, il FITD non offre la garanzia sul deposito titoli, ovvero sugli investimenti dei risparmiatori come azioni, obbligazioni, titoli di stato e fondi di investimento. Questi strumenti finanziari dematerializzati sono stati accentrati presso Monte Titoli S.p.A., dove tutte le banche hanno un conto con relativa separazione degli asset propri da quelli dei clienti.

Se la banca dovesse finire in bancarotta, gli investimenti dei clienti custoditi nel dossier titoli non verrebbero aggrediti direttamente dai creditori della banca stessa. Il denaro investito in strumenti finanziari è tutelato, a meno che l’investimento non riguarda i bond emessi dalla banca in liquidazione: in questo caso l’obbligazionista entra nel gruppo dei creditori in attesa di risarcimento.

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