La tassazione dei dividendi azionari è uno dei motivi a cui il mercato imputa la contrazione dell’attitudine ad investire in azioni che sta caratterizzando la Borsa italiana negli ultimi anni. A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 66/2014, la tassazione sui redditi di natura finanziaria è stata rivista al rialzo (artt. 3 e 4) con l’aliquota che è passata dal 20 al 26%, eccetto per le rendite finanziarie derivanti da titoli di Stato esteri e italiani. Nasce proprio dall’incremento delle tasse che in Italia si pagano sui dividendi azionari, la delusione degli investitori che sono perfettamente consapevoli del fatto che, a seguito della crisi finanziaria, le società quotate che distribuiscono un dividendo sono diventate minoritarie sui vari indici di borsa. Sempre più spesso, infatti, i consigli di amministrazione preferiscono destinare l’utile a riserva. Il punto di vista dell’investitore è molto chiaro: se già i dividendi sono calati non rischia la tassazione sulle cedole di disincentivare completamente l’investimento in azioni?
Fatta questa premessa, che stringe il campo della trattazione della normativa sulle tasse da pagare sui dividendi azionari, alle sole società quotate (i dividendi, infatti, vengono staccati anche dalle non quotate), vediamo quale è la tassazione che ad oggi si applica sui dividendi azionari. E’ ovvio che la tassazione sui dividendi cambia da paese a paese e per questo motivo sarebbe più opportuno parlare di tassazione dividendi azione italiane, tassazione dividendi azioni americane, etc. Il criterio di localizzazione della società che stacca la cedola è quindi determinate. In linea di principio si può affermare che quanto più le quotate di cui si posseggono azioni fanno riferimento a regimi fiscali esteri di vantaggio, tanto più alta è la tassazione sui dividendi.
Tassazione dividendi azioni italiane: la normativa attuale
In tema di tassazione dei dividendi occorre distinguere oltre che tra dividendi ordinari e dividendi straordinari anche a seconda della tipologia di partecipazione da cui deriva il diritto ad intascare la cedola e del tipo di soggetto beneficiario di tale remunerazione.
Per quanto riguarda i dividendi straordinari, in particolare, questi sono esenti da ogni forma di tassazione qualora derivino dalla decisione della società di distribuire ai propri azionisti riserve da sovrapprezzo delle azioni oppure da interessi di conguaglio.
I dividendi ordinari sono invece tassati in maniera diversa a seconda della tipologia di partecipazione da cui derivano. La partecipazione può essere qualificata o non qualificata. Il discrimine è rappresentato da due distinti fattori: la quota percentuale di capitale posseduta e il diritto di voto in assemblea che tale partecipazione attribuisce. Queste regole sono fisse in quanto trovano ancoraggio nel diritto societario.
Per comprendere quale sia la tassazione da applicare sui dividendi di azioni italiane, si deve quindi chiarire cosa si intenda con partecipazione qualificata e cosa si intenda con partecipazione non qualificata. Siamo nel primo caso se la quota capitale è superiore al 5% ovvero se viene attribuito un diritto di voto in assemblea ordinaria maggiore al 2%. Abbiamo invece a che fare con una partecipazione non qualificata se la quota capitale è inferiore al 5% ovvero se viene attribuito un diritto di voto in assemblea ordinaria inferiore al 2%.
Come sono tassati i dividendi azionari: le aliquote della tassazione sulle cedole
Nel caso di dividendi su azioni italiane (quindi staccati da società che hanno sede in Italia) e derivanti da partecipazioni qualificate, la tassazione da applicare prevede una base imponibile del 49,72% (esenzione del 50,28%) se si ha a che fare con le persone fisiche e le società di persone. Su tale base imponibile che determina la quota di dividendo tassabile, vanno poi calcolate le normali aliquote Irpef. Il discorso cambia se il quadro di riferimento resta lo stesso ma si ha a che fare con una società di capitali. In questo caso la base imponibile è pari al 5% con una esenzione, quindi, del 95%.
Tassazione dividendi esteri: come funziona in Italia
Nel caso in cui i dividendi provengano da una società estera facente parte di uno dei cosiddetti paradisi fiscali, ossia avente sede in uno dei paesi facenti parte della “black list”, l’esenzione del 60% e del 95% riconosciuta rispettivamente alle società di persone e alle società di capitali è possibile solo qualora l’Agenzia delle Entrate stabilisca che i redditi percepiti sono stati tassati in un paese a “fiscalità ordinaria”. Nel caso delle persone fisiche, invece, se i dividendi provengono da paesi a fiscalità privilegiata, è soggetta a tassazione l’intera somma intascata a titolo di utili e di altri tipi di proventi, a meno che il soggetto non dimostri che sin dall’inizio la sua partecipazione in quella data società non era finalizzata ad accumulare reddito in un paese avente un regime fiscale privilegiato. La regola generale, quindi, è che vengano tassati tutti i dividendi con la base imponibile che coincide con l’intera cedola. Da un punto di vista fiscale, le basi per stabilire i casi in cui il regime di massima base imponibile non vale sono da rintracciare in due distinte leggi: l’articolo 167, comma 1, del TUIR ovvero della regola del CFC-Controlled Foreign Companies e l’articolo 167, comma 5, del TUIR ovvero in caso di ammissibilità dell’interpello.
Dividendi e trading online
Il dividendo, per poter essere incassato, presuppone il mantenimento del pacchetto azionario fino allo stacco della cedola che, di solito, avviene pochi dopo all’approvazione, da parte dell’assemblea degli azionisti, della proposta del consiglio di amministrazione sulla consistenza della cedola. Questo meccanismo fa si che i traders che operano, in modo autonomo, sulle varie piattaforme per fare trading online, siano esclusi dal discorso dividendi. Chi investe online in azioni attraverso i vari broker, infatti, non ha alcun interesse a mantenere in suo possesso l’azione per così tanto tempo da far maturare il dividendo. L’obiettivo del traders che investe con le azioni binarie è la scommessa immediata e quindi, la maggior parte delle piattaforme per fare trading online esulano dal discorso dividendi.
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