Il fenomeno del car sharing nasce per fronteggiare quelle che sono le cause alla base del calo di acquisti di auto da parte degli italiani, ovvero l’elevato costo iniziale per l’acquisto del bene e le spese di mantenimento, soprattutto quelle riguardanti l’assicurazione e la manutenzione dell’automobile. Tutti problemi non contemplati dal car sharing. Ma come funziona?
Generalmente occorre scaricare un app sul proprio cellulare che consente oltre che di iscriversi al servizio anche di visualizzare dove è possibile prelevare l’auto da utilizzare. Una volta iscritti si riceve una sorta di tessera che si utilizza per mettersi alla guida dell’auto più vicina. Si utilizza l’auto fino a quando se ne ha bisogno e poi la si parcheggia in qualunque punto della città, basta parcheggiare in modo legittimo, quindi non in divieto di sosta o in zone non consentite. A questo punto, sempre tramite l’apposita app o in altro modo previsto dal servizio scelto, si dovrà comunicare la fine dell’utilizzo. Da quel momento l’auto utilizzata risulterà di nuovo disponibile sulla mappa e potrà quindi essere prelevata dagli altri iscritti al servizio.
La fatturazione avviene dunque sulla base delle indicazioni fornite dallo stesso utilizzatore, ovvero tenendo conto dell’inizio e della fine dell’utilizzo del servizio. Riguardo invece ai costi, questi variano, seppur di poco, in base al fornitore del servizio. In genere, tuttavia, occorre pagare l’iscrizione al servizio, che oscilla tra i 10 e i 30 euro (alcuni offrono l’iscrizione gratis, sempre o in occasione di offerte stagionali), e il costo per l’utilizzo dell’auto, che può essere giornaliero o orario. Nel primo caso, opzione non offerta da tutti, si va da un minimo di 40 ad un massimo di 60 euro, mentre nel secondo caso le tariffe si aggirano generalmente intorno ai 30 centesimi di euro al minuto. In alcuni casi è prevista una riduzione quando l’auto, pur essendo ancora utilizzata, è in sosta.
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