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Savino del Bene non tornerà ad essere quotata a Piazza Affari dopo il delisting avvenuto nel 2003. Ieri, infatti, la società, d’accordo con gli azionisti venditori e con i coordinatori dell’offerta globale, ha deciso di ritirare integralmente l’offerta pubblica e il collocamento istituzionale a causa delle adesione insufficienti, nettamente inferiori al quantitativo offerto, che non permettono alla società di portare a termine l’operazione finalizzata al ritorno sul listino della Borsa di Milano.

Nell’ambito dell’offerta partita lo scorso 18 novembre e terminata il 4 dicembre, ricordiamo, sono state offerte 31 milioni di azioni, per un flottante azionario di poco superiore al 30% del capitale sociale. In particolare, dell’ammontare complessivo di azioni offerte, 12 milioni derivano da un aumento di capitale mentre i restanti 19 milioni sono stati messi in vendita dal presidente Paolo Nocentini e dal Ceo, Silvano Brandani, che avrebbero comunque mantenuto una quota di maggioranza.

A nulla, dunque, è valso il tentativo di concludere positivamente l’operazione spostando di pochi giorni il termine di chiusura dell’offerta, inizialmente previsto per il giorno 2 dicembre, anche e soprattutto in considerazione della concomitanza dell’offerta di azioni lanciata in questi giorni da Moncler e sempre finalizzata alla quotazione a Piazza Affari. Allo stesso modo, non è servita a molto la decisione annunciata martedì scorso di abbassare la parte bassa della forchetta di prezzo da 2,55 a 2,1 euro, tenendo ferma la parte alta a 3,10 euro.

Il problema, ha spiegato la società annunciando il ritiro dell’offerta, è stata la quantità di adesioni ricevute, mentre al contrario è stata registrata un’elevata qualità delle adesioni ricevute sia dagli investitori istituzionali italiani che esteri.

 

 

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