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Dal 1° gennaio 2012 il governo Monti ha introdotto una nuova versione dell’imposta di bollo, che così è stata applicata in modo differente in base alle varie modalità di rapporti e investimenti di natura finanziaria. Se da un lato è stata disciplinata l’imposta di bollo fissa sui conti correnti bancari e postali e sui rendiconti dei libretti di risparmio, dall’altro è stata lanciata un’imposta di bollo proporzionale per i prodotti e gli strumenti finanziari, anche se non sono compresi all’interno del deposito titoli (dossier o conto titoli).

Il bollo proporzionale, noto anche come “mini-patrimoniale”, ha colpito anche i buoni fruttiferi postali, sui quali viene applicata un’imposta di bollo pari allo 0,15% del capitale investito. Nel 2012 l’imposta era pari allo 0,1%. Esiste un importo minimo, pari a 34,2 euro, ma non un tetto massimo, come avveniva ancora nel 2012 quando c’era una soglia-limite di 1.200 euro. L’imposta viene applicata su base annua al valore dei prodotti risultante a seguito delle comunicazioni periodiche dell’intermediario finanziario.

L’ammontare dovuto viene rapporto al periodo oggetto del rendiconto e liquidato alla fine del periodo: al 31 dicembre dell’anno o alla data di cessazione del rapporto. Per quanto riguarda i buoni fruttiferi postali, il bollo proporzionale è dovuto all’atto del rimborso o del riscatto. Tuttavia, per i BFP bisogna considerare che l’imposta non va pagata se il valore di rimborso non è superiore ai 5mila euro.

Tuttavia, per questa esenzione fanno eccezione i buoni fruttiteri postali emessi in forma cartacea prima del 2009, per i quali l’imposta deve essere calcolata sul singolo titolo ed è dovuta nella misura fissa minima di 1,81 euro. Per quanto riguarda, invece, l’aliquota fiscale, i buoni fruttiferi postali sono assoggettati a un’aliquota agevolata del 12,5% come avviene per i titoli di stato.

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