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Mercati: guerra dazi non è finita!

Anche se ci sono state rassicurazioni da parte della Cina (la quale si dice aperta ad un confronto e alla possibilità di un accordo), le dichiarazioni che giungono dalla Casa Bianca non fanno ben sperare in merito all’esito della disputa commerciale tra le prime due potenze economiche al mondo.

Sono dunque vane le speranze di una tregua legate ad un possibile ed imminente scoppio di una vera e propria guerra commerciale.

Wall Street affonda dopo i primi guadagni della vigilia, dopo che il presidente americano Donald Trump si è auto definito l’uomo dei dazi su Twitter (“I am a Tariff man“), la Borsa americana ha perso ampiamente terreno.

Ha pesato molto anche l’andamento del settore trasporti (auto in primis), proprio in merito alle conferme offerte dal consulente economico della Casa Bianca, Larry Kudlow. Egli afferma che se non viene raggiunto un accordo con la Cina entro 90 giorni (successivi), allora potremmo assistere a un’escalation del conflitto commerciale.

Kudlow ha anche detto, in maniera dettagliata che le misure prese dagli Usa potrebbero incrementare i dazi ancora del 25%.

Con l’accrescere delle paure di una frenata dell’economia globale, tutti gli investitori si rifugiano nel Treasuries Usa (anche in vista del rialzo dei tassi della Federal Reserve, come vedremo a breve). Per tale motivo, la curva dei rendimenti si appiattisce. In alcuni casi scende anche al di sotto dello zero (come nel differenziale tra due e tre anni e tra tre e cinque anni).

Oggi sul fronte macro è stata posta anche l’attenzione degli investitori a seguito delle parole pronunciate da Mario Draghi nel giorno della riunione non monetaria della Bce, al Beige Book della Fed e agli indici Pmi dei servizi.

Aumento dei tassi della FED

Secondo gli analisti, entro la fine dell’anno 2018 si prevede che la Federal Reserve alzerà i tassi di interesse. A questo primo rialzo, ne seguiranno altri 3 nel 2019.

Si tratta di un aumento scaturito e caratterizzato da una crescita solida, ma anche da un tasso di disoccupazione che ha toccato i minimi dopo 49 anni. Le dichiarazioni ed i commenti però del presidente della Fed, Jerome Powell, sono stati ampiamente mal interpretati dai mercati.

Nella sua dichiarazione si afferma il seguente passaggio:

i tassi d’interesse sono ancora al di sotto degli standard storici e rimangono appena sotto il livello considerato neutro per l’economia.

Si tratta di un’analisi che dovrebbe mettere in guardia tutti da una interpretazione troppo “dovish” di queste osservazioni. Si deve anche notare come, durante la riunione di settembre la stessa FED, ha aumentato le sue stime del tasso neutro a lungo termine, passando al 3% da un precedente 2,9%.

Anche le ultime revisioni sul PIL rivelano una crescita dei consumi leggermente più bassa (con una crescita rivista al ribasso al 3,6%). Questa è stata però compensata da maggiori investimenti in conto capitale da parte delle imprese.

Si tratta certamente di un elemento abbastanza incoraggiante legato al fatto stesso della crescita delle strutture non residenziali (-1,7% t/t contro il -7,9% riportato in precedenza) e delle attrezzature aziendali (+3,5% contro lo 0,4%) riviste al rialzo.

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