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Tutta l’attività finanziaria è soggetta ad una tassazione. Anche se può dar luogo a mal di pancia, pagare le tasse sulle rendite finanziarie è un preciso obbligo e dovere. Vista la complessità dell’argomento abbiamo deciso di dedicare al tempo un unico post che riassume tutta la normativa ad oggi in vigore in tema di tassazione sulle rendite finanziarie.

Di cose parleremo quindi in questo post? In pratica delle tasse che si pagano sulle azioni ma anche della tassazione sui titoli di stato (italiani ed esteri), delle tasse sui conti correnti, libretti e conti deposito e ancora delle tasse su fondi e ETF e della tassazione su tutti gli strumenti derivati tra i quali anche i CFD. L’argomento da trattare è quindi vastissimo e lo faremo partendo da quelli che sono gli ultimi aggiornamenti in materia.

Come tutte le tasse, infatti, anche la tassazione sulle rendite finanziarie non è sempre uguale ma ha subito una serie di modifiche. Essere aggiornati con le ultime novità sulle tasse sugli strumenti finanziari diventa essenziale per evitare di incappare in poco piacevoli sorprese da parte del fisco.

Tassazione rendite finanziarie 2021: normativa vigente

Quante tasse di pagano sulle rendite finanziarie in Italia? A quanto ammonta la tassazione sulle rendite finanziarie nel 2021? Rispondere a queste domande significa fare riferimento ad una normativa ben precisa ossia il Decreto Legge 66/2014 che è entrato in vigore a partire dal primo luglio 2014 (articolo 3 e articolo 4)

È quel decreto, poi ovviamente convertito in legge, ad aver portato la tassazione sulle rendite finanziarie in Italia dal precedente 20% al 26%. Oggi la ritenuta fiscale sulla maggior parte degli strumenti finanziari è pari al 26% anche se non mancano delle eccezioni, come vedremo nei prossimi paragrafi.

La normativa vigente nel 2020 è la stessa degli anni precedenti. Nessuna novità è stata quindi introdotta sull’anno corrente.

I riferimenti normativi, oltre al già citato DL 66/2014 sono la Circolare n.19/E dell’Agenzia delle Entrate del 27 giugno 2014 e la Legge di Stabilità 2015.

Tasse rendite finanziarie: cosa viene tassato

Precisiamo subito che se un soggetto ha 10mila euro impegnati in vari strumenti finanziari, non dovrà pagare tasse su quei 10mila euro e quindi sul capitale. Le tasse sulle rendite finanziarie in Italia, infatti, vengono applicate essenzialmente su due ambiti. Ad essere tassata è la quota relativa alla plusvalenza sulla compravendita o la quota relativa alla differenza tra il prezzo di emissione sotto la pari e il valore di rimborso (cosiddetta tassazione dei capital gain) e la quota relativa ai risultati dell’investimento (in questa fattispecie rientrano i dividendi per quello che riguarda le azioni e gli interessi per quello che riguarda i titoli di stato).

Per comprendere la differenza esistente tra le due diverse quote che sono oggetto di tassazione, inviamo a leggere il post specifico dedicato alle differenze tra plusvalenze e dividendi.

>>>>Attenzione perchè può anche essere che invece delle plusvalenze, verifichino delle minusvalenze . In questo caso la tassazione sulle rendite finanziarie prevede che sia possibile portare una parte della perdita in conto capitale ridurre il carico fiscale che verrebbe applicato con le successive plusvalenze.

Tasse sulle azioni

Il primo post specifico lo dedichiamo alla tassazione sulle azioni. In Italia sono tantissimi gli investitori che ogni hanno scelgono di investire in azioni. Attenzione perché in questo paragrafo facciamo riferimento alla tassazione sulla compravendita di azioni e alla tassazione sui dividendi azionari. Non facciamo invece riferimento alla tassazione sui Contratti per Differenza aventi come sottostante delle azioni. Questi ultimi rientrano nella categoria degli strumenti di tipo derivato che vedremo dopo.

Approfitto del riferimento per ricordare che è possibile provare ad investire attraverso il CFD Trading usando il conto demo. Ad esempio puoi imparare a comprare e vendere CFD Azioni operando con il conto demo gratuito del broker eToro, che ti consente di fare simulazioni sulla piattaforma con 100.000$ virtuali.

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Fatta questa precisazione vediamo allora quali sono le tasse che si pagano sulle azioni. Ad essere oggetto di tassazione è il guadagno che viene realizzato a seguito della vendita sul mercato di un titolo.

Tale guadagno viene a sua volta definito come differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di carico vale a dire il valore di acquisto comprensivo delle commissioni. L’imposizione fiscale che si applica su questa differenza è pari al 26%. Quindi le tasse che si pagano sulla compravendita di azioni sono pari al 26%. Lo stesso importo si paga anche sui dividendi azionari (tassazione dividendi). La tassazione sulle azioni è stata oggetto di modifiche dalla citata legge del 2014. In precedenza, infatti, l’aliquota sulle azioni era pari al 20%.

Tassazione su titoli di stato

Prima di esaminare la tassazione sui titoli di stato, è bene fare una premessa. Dire titoli di stato significa dire tutto e nulla. E’ per questo motivo che precisiamo che in questo paragrafo ci occuperemo della tassazione su BTP, BOT, CTZ e CCT ma anche dalla tassazione su tutti quei bond che vengono emessi dagli enti locali (regioni, comuni) e della tassazione sui titoli di stato esteri. Nel paragrafo rientrano anche i bond emessi da enti internazionali come, ad esempio, le obbligazioni della Banca Mondiale. Insomma in questo paragrafo rientra una fattispecie molto vasta di asset.

A differenza delle tasse sulle azioni, la tassazione sui titoli di stato si ferma al 12,5%. Anche in questo non viene assolutamente tassato il capitale ma solo gli interessi. Evidente è stato il tentativo dello Stato di rendere attraente, sotto il punto di vista fiscale, l’investimento in titoli di stato rispetto a quello in azioni. Ovviamente, però, gli interessi sui bond governativi italiani non possono essere paragonati alla remunerazione ottenibile dalle azioni.

Attenzione perchè l’aliquota del 12,5% si paga unicamente sui titoli di stato e assimilati. Sono esclusi da questo campo i bond societari.

Tassazione su conti correnti, libretti e depositi

Con il paragrafo dedicato alle tasse che si pagano su conti correnti, libretti e conti deposito, entriamo in un altro ambito. Questi strumenti finanziari, infatti, potevano essere considerati mezzi di investimento fino a pochi anni fa. Non un mistero che gli interessi pagati sui conti deposito e ancora di più quelli pagati sui conti correnti si siano abbassati così tanto dall’essere considerati quasi irrisori. A causa del drastico taglio degli interessi, quindi, i conti correnti, i libretti e i conti deposito si sono trasformati in strumenti di parcheggio della liquidità.

Ovviamente lo Stato non può agevolare il parcheggio della liquidità ed allora ecco spiegato il motivo per il quale le tasse su questo tipo di strumenti finanziari la tassazione applicata sia del 26%. Prima della riforma del 2014, la tassazione sui conti correnti era pari al 20% e quindi, anche per questa tipologia di strumento finanziario c’è stato un aumento dell’aliquota.

La tassazione del 26% viene applicata anche a libretti bancari e ai certificati di deposito. Insomma per tutto un insieme di strumenti finanziari molto simili tra loro viene applicata la stessa aliquota.

Tassazione fondi comuni e ETF

Quali sono le tasse che si pagano su fondi comuni e ETF? La trattazione di questo argomento, vista la complessità del tema, richiederebbe un post a parte. E’ per questo motivo che è necessario essere sintetici e limitare lo studio della materia ai soldi fondi comuni italiani.

La tassazione sui fondi comuni e ETF è pari al 26% contro il 20% della precedente normativa. Anche in questo caso, quindi, c’è stato un aumento. Se all’interno dei fondi sono presenti anche titoli di stato, allora il peso di questa componente sarà del 48,08%.

Per gli ETF vale il discorso fatto anche per le azioni ossia una cosa sono gli ETF e un’altra sono i CFD che hanno come sottostante gli ETF. Anche in questo caso siamo nell’ambito di uno strumento derivato che riproduce l’andamento del sottostante (appunto l’ETF).

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Tassazione derivati

Anche la tassazione dei derivati è stata al centro della riforma del 2014. Quando si parla di derivati si fa riferimento ad una pluralità di strumenti finanziari. Sono derivati le opzioni, i contratti future, gli swap e ancora i certificates e i CFD (contratti per differenza).

Poichè ValoreAzioni è un sito dedicato a chi sceglie di investire attraverso il CFD Trading è quindi bene precisare che le plusvalenze derivati dal trading online sono tassate al 26%. Anche in questo caso il livello di tassazione è aumentato a seguito della riforma del 2014.

Uno dei vantaggi del CFD Trading è la possibilità di investire su molti mercati diversi usando una sola piattaforma e tanti utili strumenti di analisi.

Tassazione rendite finanziarie come funziona

Quale è il meccanismo di applicazione della tassazione sulle rendite finanziarie? Prima di scendere nel dettaglio è bene precisare che le tasse si applicano allo stesso modo su tutti gli strumenti finanziari. La regola, in altre parole, è sempre la stessa. E’ compito dell’investitore, e del suo commercialista, stabilire come pagare le tasse sugli strumenti finanziari. Le strade a disposizione sono due: si può scegliere il regime dichiarativo oppure è possibile scegliere il regime amministrato. Una strada esclude l’altra nel senso che o si sceglie il regime amministrato oppure quello dichiarativo per far ricadere i proprio guadagni.

Ma quali sono le differenze tra regime amministrato e regime dichiarativo nella tassazione sulle rendite finanziarie? Nel regime amministrato a scendere in campo è la banca. L’istituto presso il quale è attivo il conto farà praticamente tutto in vece del cliente. Sarà quindi la banca che, in modo automatico, procederà al calcolo delle aliquote da applicare sui vai strumenti finanziari presenti nel deposito titoli del cliente e quindi provvederà al pagamento delle tasse al fisco.

Viceversa nel regime dichiarativo dovrà essere l’investitore a provvedere ai calcoli e quindi inserire il dovuto in dichiarazione dei redditi. Al dichiarante l’obbligo, come imposto delle leggi in vigore, di conservare tutta la documentazione per un periodo di tempo di almeno 5 anni.

Dalla descrizione sui metodi di applicazione della tassazione sugli strumenti finanziari si evince che il regime amministrato conviene di più rispetto a quello dichiarativo. Nel primo, infatti, è la banca a fare tutto mentre nel secondo le incombenze fiscali spettano all’investitore.

Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento. Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa scritti direttamente dai nostri Clienti.
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